IL MIO TUAREG RALLY
Lorenzo Piolini vincitore dell’edizione 2019 racconta la sua incredibile esperienza: Pirati o Piloti
Prima di parlare del Tuareg è necessario fare una doverosa premessa sul ”Caravanserraglio Rally Racing Team” ed il logo che ne rappresenta i valori. Una figura sdoppiata, un pilota ed un pirata è il simbolo del dualismo umano ed esprime la mia filosofia di vita.
Personalmente vivo la scissione tra il mio essere libero e ribelle, dall’animo ramingo e la mia vita da pilota professionista, atleta che segue con disciplina un duro lavoro di preparazione, come costruttiva convivenza, uno stimolo per migliorarmi e raggiungere sempre nuovi obbiettivi.
… Insomma… : Pirata… ma anche Pilota.
Certo è, che senza il pirata io non sarei un pilota
Il mondo del racing, infatti rappresenta per me, la diretta conseguenza di un percorso unico e personale, che nulla ha a che vedere con la mera aspirazione di “battere qualcuno”, l’esperienze e le sfide che sono state l’adrenalina di quanto ho avuto la fortuna di poter vivere fino ad ora sono, per me, un logico approdo a questo mondo.
Bè, questo è lo spirito che mi ha spinto a compilare l’iscrizione alla mia prima vera gara africana: il Tuareg Rallye.
Ora vi racconto …
7 giorni in 10 punti:
1 – PAURA: come già detto non sono una persona competitiva, ne ho mai creduto nella soddisfazione personale tramite il confronto con gli altri. Oggi però voglio alzare l’asticella, affrontare le mie paure e soprattutto farmi una vaga idea di quanto effettivamente io sia lontano dall’ultima voce nella mia lista delle cose da fare prima di morire: la Dakar.
2 – CHE FIGATA: approdo in Algeria: primo obiettivo ottenuto. Già all’arrivo nel bivacco il mio cuore inizia sorridere: Africa, quella vera… polvere nell’aria, arrivo di notte… macchine, camion, moto, team ufficiali… mi sento un pilota. Stavolta però, sono un pilota. Iscritto, non imbucato… è tutto vero!
3- OOOPS!: adesso si fa sul serio: sono quasi abituato al clima del bivacco, e me lo godo come pochi… stavolta però sono anche io in gioco. Adesso oltre che essere estasiato da quello che vedo e vivo… devo anche ritirare un rooadbook con scritto il mio nome sopra e domattina partire… insieme ad altri 110 str***i!
Panico totale! Smetto di ridere e sentirmi un turista. Tutto diventa vero, ma soprattutto serio. Stavolta l’ho voluto io, ho speso un sacco di soldi e sono alla resa dei conti.
Mi sono allenato per due anni quasi segretamente. Nessuno capirebbe ne come, ne perché. Non lo sa nessuno ma sto per mettere in gioco la mia anima.
– 6 ore. Sto tremando, e sorrido come niente fosse.
4 – SI PARTE! : 3,2,1, via! Prologo… poi subito prima speciale…
Io non capisco un c***o… malapena guardo il rooadbook, mi dimentico i waypont… basicamente non ho idea di quello che sto facendo, ma esco tra i primi del prologo.
Avrò fatto bene? Ho capito? Parto? Che faccio?… Beh non ho pensato a niente di tutto questo, o mi sarei seduto in un angolo a piangere.
Prima speciale, parto tra i primi… full gas…e … grazie a dio cè un pirata dentro di me.
I primi chilometri passano così: puro istinto, quello che sviluppi nei lunghi chilometri solitari, quando tutto va male, ma non importa… seguo, mi adatto, interpreto, cerco di capire che succede e non esagerare.
Penso con la mia testa, mi sento fortunato e inizio a crederci.
Non esagero, non so cosa sia successo, ma quella sera in classifica risulto quarto… wow!
Se mi concentro forse…forse… potrebbe piacermi.
5 – RISPETTO: secondo giorno, passa la paura…alla fine non sono messo male confronto alla media, ora mi sento libero di giocare ed esplorare le viscere di questa disciplina, ora sono libero di godermi questa grandissima figata!
6 – NAVIGAZIONE: ho ancora grandissime lacune nella padronanza dei miei strumenti, ma per la prima volta inizio a vederli come un vantaggio, e mezzo tramite il quale poter finalmente esprimermi nella guida pur in ambienti che altrimenti richiederebbero troppa attenzione solo per rimanere in vita.
Ho sempre vissuto la navigazione rallystica come frustrante ostacolo alla dimostrazione delle doti motociclistiche… finalmente sto facendo pace con ico, rooadbook, e c.a.p..
Ci è voluto tanto tempo, e soprattutto volontà, ma adesso finalmente me la sto godendo.
Seconda tappa… secondo in classifica. Sempre più divertente. Inizio a capire, e sentire quel fuoco dentro di me, che non ho mai voluto ammettere.
7 – PRIMO. TORNA LA PAURA: terza tappa vinta. Solo ora trovo il coraggio di sbirciare la classifica generale, ormai sono soddisfatto di me stesso e ora davvero non mi importa degli altri… passata la paura… che di fatto si è rivelata paura di… fallire…
Primo assoluto!
…primo di tappa, e primo assoluto… cazzo.
Cambia tutto, non posso più fare finta di essere lì per caso, che speravo solo di arrivare, che alla fine sto solo cazzeggiando… mi guardano tutti, sono un’ora dal secondo, sono l’uomo da battere… ora è paura, diversa, quella vera.
8 – DEVI VINCERE: manca tantissimo alla fine, sono primo, ed è la cosa più “brutta” che mi sia mai successa. Ovviamente essere primo mi sembra un sogno, ma trovo davvero opprimente ed estenuante gestire questa pressione, se fosse per me vivrei nell’ombra… ma evidentemente sono qua proprio per questo. Ora tocca tirare fuori le palle!
9 – QUASI FATTA: le ultime tappe procedono senza intoppi, la testa regge, mi sento bene, il vantaggio aumenta di giorno in giorno.Nel bivacco mi sento considerato come il sicuro vincitore… e mi scatta qualcosa.
Da una parte comincio ad abituarmi a tutto questo, ho imparato tantissimo, e tutto mi piace…ma… dietro al pilota… il pirata…
Ho fatto troppi chilometri, vissuto troppo mondo, o forse mi sono troppo sensibilizzato alle vibrazioni del destino… ma sono sicuro, senza ombra di dubbio che la mia fida moto, giunta senza problemi fino all’ultima tappa (di soli 40 chilometri) mi abbandonerà.
Lo sento, non arriverò al traguardo.
Tanto da chiedere opinione e conforto a tutto il team e meccanici esperti la sera precedente; ma ovvio, non ci sono problemi tecnici, la moto funziona… come spiegargli che il problema c’è, perché me lo “sento”… perché ho mal di pancia?
Non posso fare più niente, cerco non pensarci e vado a letto, so cosa mi aspetta; so anche sarà semplicemente una delle mie solite disavventure, e che sicuramente ne uscirò, ma stavolta ce una differenza, che è anche l’unica ragione per cui ho fatto tutto questo: il CRONOMETRO!
Non importa più il “come”, ma in “quanto” tempo?
10 – LO SAPEVO, MA CHE BOTTA!
Ultima tappa, ho circa due ora di vantaggio sul secondo e un solo pensiero: la moto non ce la farà, lo so, me lo ha detto chiaro e tondo, non voleva partire, il rumore non mi piace. Partendo dal presupposto che si fermerà, e mi metterà alla prova… riuscirò ad uscirne, ma ci riuscirò in meno di due ore?
Oggi sono solo dune, e dai primi metri la moto va male, sembra non arrivare benzina, ho poca potenza, e non ho più possibilità di superare le grandi dune. Si mette male.
Il battito cardiaco ho smesso di sentirlo da tempo e devo fare conto su ogni singolo atomo di me stesso per mantenere la concentrazione, mentre la testa è sull’orlo del cedimento.
“È successo davvero, ho perso all’ultima tappa, è finita, la vita fa schifo, e non ho motivo di continuare… voglio solo tornare a casa e non uscire mai più.”
Ma no cazzo! Ce la faro, o morirò provandoci!
Così, tento disperatamente geometrie assurde, cercando le minime pendenze e sfruttando l’inerzia di una duna, per superare l’altra.
Sono a circa tre quarti della speciale, quando comincio a pensare che forse non fallirò; sono devastato, disperato e pure ferito viste le tre cadute tentando di saltare dune troppo pendenti per la mia moto, riuscendo semplicemente a carambolare dall’altra parte, spesso di faccia, ma un pelo più vicino al traguardo. Se sono arrivato fin qua arriverò alla fine penso…ma no! Ecco il buon vecchio karma, troppo spesso incontrato per la strada.
A 6 chilometri dal traguardo finale, dopo 1500 chilometri di lotta nel deserto la moto cede, è l’ultima serie di dune verso la vittoria, ma non ce niente da fare, accelero e si spegne, all’ ennesimo tentativo sopraggiunge anche un problema elettrico e smette definitivamente di dare qualsiasi segno di vita.
Affanno, distrazione, poi più nulla. Mi sento quasi fuori da mio corpo, come se non stesse succedendo a me, e mi ritrovo perso, sguardo vuoto nel nulla. Davvero non riesco a pensare.
Ho ancora due ore, così a fatica mi concentro e facendo appello ad ogni più disparata conoscenza meccanica inizio lavorare sulla moto… ma il tempo passa e mi logora il morale, tanto da rallentare ogni ragionamento. Rinuncio alla riparazione. E le lacrime cominciano a bagnarmi le guance. Il che fa ancora più male.
La disperazione porta a pensare di poter percorrere gli ultimi chilometri a piedi, così sgancio il gps dal manubrio e comincio a camminare, alla seconda duna però comincio a sentirmi svenire, ho fatto circa 50 metri, e capisco che anche il piano B è fallito. Torno alla moto.
Piano C: tento di fermare ogni 4×4 rimasto in gara e farmi dare un passaggio, ma niente, “contro le regole”… poi una speranza: avvisto Lenia, pilota tedesca, che guida un normale 4×4 munito di sedili posteriori, li fermo e salgo a bordo…rinasce qualche speranza…magari arrivando anche senza moto al traguardo, mi firmeranno il tagliando, spero… invece no; nell’affrontare la prima duna il fuoristrada di Lenia decide anche lui di rompersi, cosi nuovamente a piedi ritorno per la terza volta alla mia moto. Ora è davvero finita.
Decido che non ho più speranze e faccio il gesto che nessun rallysta vorrebbe fare, nemmeno nel peggiore dei suoi incubi: premo il tasto per il soccorso. Tutto finito. Davvero.
Mi siedo sulla duna che non ho mai superato, e aspettando i soccorsi affronto l’ora più brutta della mia vita. Tra le mani stringo ancora il mio tagliando di gara, le lacrime che non vorrei avere negli occhi esplodono inarrestabili, mentre fisso la casella vuota, di un timbro che non avrò mai. E come nel più strappalacrime dei film una folata di vento me la strappa dalle dita, portandola lontano; minuscola e brillante, nell’immenso ocra sfocato del deserto.
Sono esausto e non c’è più motivo di faticare per raccoglierlo, ma quel vecchio dolce fuoco, ora invece brucia come un ustione sull’anima, mi ha spinto non perderlo. Avrei capito solo dopo perché…
Io credo che sia stato proprio quel momento a cambiare la mia fortuna, nessuno lo saprà mai, ma poco dopo è arrivata l’assistenza tecnica… tra l’altro cercando un altro pilota, ma l’ho detto sono fortunato. Anche loro hanno dovuto constatare il decesso del mio mezzo, ma siamo stati perlomeno in grado di accenderla, e trascinarla fuori dalle dune, per poi raggiungere il bivacco via asfalto. Giunto al traguardo, ho consegnato il tagliando e mi sono ritirato nella disperazione, consolato dagli amici e compagni d’avventura e da parecchi litri di birra.
Devastato nel fisico come nel morale e pesantemente tramortito dalla birra, intravedo una giornalista che si avvicina alla mia tenda, sta cercando un certo Lorenzo Piolini e si riferisce a me come “Lucky bastard” sorridendo…
Mi comunica che è appena uscita da una riunione con il direttore di gara, e che è ormai ufficiale che nonostante le due ore di penalità ricevute per non aver raggiunto il traguardo, sono comunque primo in classifica visto il vantaggio accumulato negli ultimi giorni, ultima tappa compresa, fino al guasto tecnico.
In pratica: ho vinto il Tuareg!!!
Paralisi celebrale definitiva.
Ho vinto la mia prima gara di rally,
E sono riuscito a provare emozioni, simili o addirittura maggiori di altri lunghi viaggi, il tutto concentrato in una settimana.
Che spettacolo!